Mafia turca, chiesta pena di sei anni e quattro mesi per il viterbese giorgio meschini
Il tribunale di Viterbo esamina il caso di Giorgio Meschini, unico italiano coinvolto nella mafia turca, con una richiesta di pena aumentata a sei anni e quattro mesi per traffico di denaro.

Il tribunale di Viterbo sta processando Giorgio Meschini, unico italiano coinvolto nell’inchiesta sulla "mafia turca", con richieste di pena aumentate a oltre sei anni per traffico di denaro e ricettazione, in un procedimento che coinvolge 15 imputati e si svolge tra Viterbo e Milano. - Unita.tv
Il tribunale di Viterbo sta trattando il caso legato alla cosiddetta mafia turca che vede coinvolto il 32enne Giorgio Meschini, unico italiano arrestato nell’inchiesta scattata il 22 maggio 2024 a Bagnaia. Dopo una prima richiesta di cinque anni di reclusione avanzata dalla pm della Dda di Milano, Bruna Albertini ha aumentato la pena a sei anni e quattro mesi per il suo ruolo nel presunto traffico di denaro destinato a pagamenti in nero verso alcuni avvocati del nord Italia. Il processo riguarda 15 imputati e si svolge in collegamento video tra Viterbo e Milano. Meschini è detenuto nel carcere Nicandro Izzo da oltre un anno.
L’aumento della pena chiesta dalla pm per meschini
Il percorso giudiziario ha subito una svolta quando il processo inizialmente incentrato su accuse legate alla mafia turca è stato unificato con un ulteriore filone riguardante la ricettazione. In particolare, nel nuovo assetto dell’indagine è emersa l’accusa che Meschini avrebbe collaborato nel trasferire somme di denaro contante, destinato a pagamenti in nero verso due avvocati del nord Italia. Su queste basi, la pm Bruna Albertini ha aumentato la richiesta di pena da cinque a sei anni e quattro mesi.
La posizione di Meschini diventa così più complessa. I difensori, guidati dall’avvocato Remigio Sicilia, sono attesi al dibattimento per opporsi a questa estensione della richiesta di condanna. Per gli altri imputati, il pubblico ministero ha proposto pene superiori di uno o più anni a causa delle accuse di ricettazione che si aggiungono a quelle originali di associazione a delinquere di stampo mafioso.
I dettagli dell’accusa e il ruolo di meschini
L’accusa sostiene che Meschini, definito “sodale” del boss Baris Boyun, avrebbe materialmente effettuato almeno un versamento di denaro contante al nord Italia in favore dei legali coinvolti. Baris Boyun è un 41enne di etnia curda, accusato di associarsi a una banda armata con legami al terrorismo internazionale. Boyun è stato sottoposto agli arresti domiciliari per circa un mese vicino a Villa Lante, insieme a una sorveglianza stringente da parte delle forze dell’ordine, dopo un tentato attentato subito a Crotone.
L’indagine ha potuto documentare questa dinamica criminale attraverso intercettazioni ambientali. La scoperta è avvenuta grazie a una microspia applicata al braccialetto elettronico che Boyun portava alla caviglia, usata per monitorarne gli spostamenti e le conversazioni durante il periodo di sorveglianza. Questo ha permesso agli investigatori di raccogliere le prove necessarie per collegare gli spostamenti di denaro e i contatti con gli avvocati del nord.
La situazione carceraria di meschini e le prospettive processuali
Dal maggio 2024 Giorgio Meschini si trova detenuto nel carcere Nicandro Izzo a Viterbo. La sua custodia cautelare prosegue a causa della gravità delle accuse che lo vedono coinvolto. La difesa ha espresso l’intenzione di presentare motivi per contrastare la nuova richiesta di pena più severa nel corso delle prossime udienze del processo.
Questo caso sottolinea il legame tra attività criminali transregionali e il tentativo di gestire denaro fuori dai circuiti legali tramite intermediari legali, come gli avvocati. Il procedimento in corso a Viterbo, con collegamenti video verso Milano, coinvolge numerosi imputati legati a una rete considerata pericolosa dalle autorità. Le decisioni del tribunale nelle prossime sessioni potranno influire sulla durata della detenzione di Meschini e dei suoi sodali, mantenendo alta l’attenzione sulle modalità con cui operano queste organizzazioni.
Presunzione di innocenza nel sistema giudiziario italiano
Il sistema giudiziario italiano riflette il principio della presunzione di innocenza sancito dall’articolo 27 della Costituzione. Ogni persona imputata è considerata innocente fino alla condanna definitiva. Questo principio si applica al caso di Meschini e agli altri imputati, in attesa della conclusione del processo e dell’emissione di una sentenza definitiva.
Gli sviluppi nei mesi scorsi hanno portato a un aumento delle richieste di pena, ma la difesa potrà presentare le proprie argomentazioni in aula. Nel corso delle udienze, sarà possibile ascoltare ulteriori dettagli e chiarimenti su questa vicenda che coinvolge figure criminali nazionali e internazionali. Il tribunale di Viterbo continuerà a seguire il calendario processuale per arrivare a una decisione sul destino degli imputati.