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Discriminazioni legate all’età: come l’ageismo colpisce giovani e over 50 nel lavoro e nella società italiana

L’ageismo in Italia colpisce sia gli over 50, limitando opportunità lavorative, che gli under 30, etichettati come privi di esperienza. È necessaria una riforma culturale e sociale per contrastarlo.

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L’articolo analizza l’ageismo in Italia, evidenziando come discriminazioni legate all’età colpiscano sia lavoratori over 50 che giovani under 30, e propone strategie di inclusione basate su competenze e formazione continua. - Unita.tv

L’ageismo rappresenta una forma di discriminazione che si basa sull’età, e si manifesta sia nel mondo del lavoro che nella vita quotidiana. In Italia, come in molti paesi, questa tendenza pregiudizievole coinvolge soprattutto le persone sopra i 50 anni, ma anche i più giovani non restano immuni. I dati raccolti da organizzazioni nazionali e internazionali mostrano una diffusione significativa di atteggiamenti discriminatori che limitano opportunità, riconoscimento e trattamento equo dei lavoratori in base alla loro età.

L’ageismo nei lavoratori over 50: dati e forme più comuni di discriminazione

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, circa metà della popolazione globale nutre pregiudizi nei confronti delle persone per via della loro età. Nel contesto italiano, quasi il 30% degli over 55 ha denunciato di aver subito discriminazioni sul posto di lavoro, principalmente legate a una preferenza per dipendenti più giovani. Le imprese spesso privilegiano profili considerati “flessibili” o “formabili”, ritenendo che i lavoratori più maturi siano meno adattabili o meno aggiornati sulle nuove tecnologie e metodologie. Questa convinzione genera un danno concreto: si sottovaluta l’esperienza accumulata e si riduce così la possibilità di carriera o di mantenere un impiego stabile per chi ha superato una certa età.

Conseguenze su assunzioni e promozioni

I pregiudizi si traducono in minori assunzioni, meno promozioni e perfino in forme indirette di esclusione, come l’assegnazione di ruoli meno qualificati o la mancata partecipazione a percorsi di formazione. Questo comportamento peggiora il rischio di isolamento socioeconomico e di perdita di motivazione. Diverse ricerche mettono in luce che il mercato del lavoro spesso ignora la ricchezza delle competenze di chi ha una storia professionale più lunga, optando per investimenti su giovani anche quando l’esperienza risulterebbe determinante.

I giovani sotto i 30 anni e l’etichette della scarsa esperienza: un altro lato dell’ageismo

L’ageismo non tocca solo gli over 50, ma si presenta anche sotto la forma di scetticismo verso i lavoratori più giovani. Molti under 30 lamentano di non essere considerati seriamente perché etichettati come privi di esperienza, indipendentemente dal livello di preparazione o dai titoli conseguiti. Questa barriera rallenta o blocca le possibilità di scontro diretto nel mondo del lavoro, impedendo ai giovani di dimostrare le proprie capacità, che invece potrebbero arricchire il gruppo e portare idee nuove.

In Italia, le imprese dimostrano spesso di preferire profili con un background più consolidato, escludendo di fatto i neolaureati o chi ha poca anzianità professionale. Il risultato è un mercato frammentato in cui la freschezza non viene riconosciuta, mentre i giovani sono spinti a dover accumulare una lunga serie di stage e contratti precari per ottenere una stabilità. Tale situazione crea difficoltà anche nella costruzione di carriera e autonomia economica.

La difficile carriera degli under 30

“Molti giovani si trovano bloccati in una spirale di precariato che sembra non lasciar loro spazio per emergere,” denunciano esperti del settore. Questo testimonia come l’ageismo si manifesti anche in forme più sottili, ma altrettanto dannose.

Contrastare l’ageismo: strategie per un cambiamento culturale e sociale

La lotta all’ageismo richiede un mutamento che vada oltre le leggi e investa i comportamenti sociali e le pratiche d’impresa. Evitare di basare rigorosamente selezioni e promozioni sull’età presunta significa riconoscere il valore che ogni fase della vita porta con sé, sia in termini di energia che di esperienza. Questo si traduce in una riforma nei processi di selezione, basata su criteri trasparenti e oggettivi, che valorizzino le competenze effettive e non solo l’età anagrafica.

Formazione e comunicazione come strumenti chiave

È fondamentale sostenere la formazione continua per tutte le età, dando la possibilità di aggiornarsi senza barriere. Inoltre, il cambiamento passa attraverso la comunicazione: i media e la pubblicità hanno un ruolo chiave nel contrastare stereotipi radicati e modelli che mal rappresentano o svalutano le diverse generazioni. Investire in un clima lavorativo inclusivo e rispettoso stimola la collaborazione e la produttività.

Con una popolazione che invecchia, ignorare l’ageismo aggrava le difficoltà sociali e economiche. Al contrario, promuovere un ambiente che riconosce l’importanza di ogni età diventa un passo necessario per garantire equità e sviluppo sostenibile. Carmela Tiso, portavoce di Accademia Iniziativa Comune, sottolinea l’urgenza di affrontare questo fenomeno con interventi concreti e ampi, per evitare che pregiudizi invisibili diventino ostacoli evidenti per milioni di persone.