Condanna per maltrattamenti a civita castellana con sospensione della pena e percorso obbligatorio di recupero
Un trentenne di Civita Castellana condannato a due anni per maltrattamenti alla madre, con pena sospesa subordinata a un percorso di recupero. Il caso evidenzia complesse dinamiche familiari.

A Civita Castellana un trentenne è stato condannato a due anni per maltrattamenti alla madre, con pena sospesa e percorso di recupero obbligatorio. - Unita.tv
Nel tribunale di Civita Castellana è arrivata una sentenza per un trentenne accusato di maltrattare la madre vedova. Il giudice ha stabilito una pena di due anni di reclusione, ridotta rispetto ai tre richiesti dall’accusa, con la sospensione della pena subordinata a un percorso di recupero specifico. Il caso ha suscitato attenzione per la durata e la complessità delle relazioni familiari coinvolte.
La sentenza e le condizioni per la sospensione della pena
Il giudice Jacopo Rocchi ha optato per una condanna a due anni di reclusione, meno severa rispetto alla richiesta iniziale di tre anni. La pena è stata sospesa con la condizione che il trentenne svolga un percorso di recupero presso un ente specializzato nel trattamento di condannati per maltrattamenti. Questo percorso servirà per valutare la possibilità di reinserimento e monitorare il comportamento dell’imputato.
La sospensione della pena include anche la non menzione, cioè la possibilità di non far apparire la condanna nei precedenti penali una volta terminato il periodo previsto e rispettati gli impegni. Tuttavia, questi benefici sono subordinati alla frequenza e al completamento del percorso che partirà solo dopo che la sentenza diventerà definitiva, cioè quando non saranno più possibili appelli o altre impugnazioni.
I fatti contestati e la dinamica del rapporto famigliare
L’uomo, residente nel comprensorio di Civita Castellana, è stato processato per maltrattamenti nei confronti della madre, con accuse di aggressioni fisiche, minacce, insulti e furti. Secondo l’accusa, i maltrattamenti si sarebbero protratti tra il 2014 e il 2023, un periodo in cui il trentenne è tornato a vivere con la madre dopo essere cresciuto in una casa famiglia durante l’adolescenza. La vicenda ha radici profonde: l’imputato ha raccontato di essere stato allontanato a tredici anni e mezzo dai genitori a causa dei litigi frequenti, esperienza che ha contribuito a definire la sua condizione familiare difficile.
Il racconto dell’imputato
Nel corso del processo, l’uomo ha spiegato che, pur lavorando come cuoco e trascorrendo molto tempo fuori casa, aveva condiviso l’abitazione con la madre solo per un periodo. Ha anche puntato il dito contro la donna, accusandola di volerlo allontanare dopo aver intestato a suo nome un’abitazione ereditata dal padre. La madre si sarebbe opposta alla sua presenza soprattutto per via di un nuovo compagno, creando tensioni ulteriori.
L’accusa di aver causato la morte di un animale domestico
Uno degli elementi più forti dell’imputazione riguarda la morte di un cane di proprietà del trentenne. L’uomo sostiene che la madre abbia gettato l’animale dal quarto piano dell’abitazione, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di mandare un messaggio minaccioso nei suoi confronti. L’imputato ha raccontato che i cani erano tenuti sul terrazzo e che, tra gli altri, il cane deceduto era il più intelligente. La morte dell’animale ha alimentato ulteriormente il conflitto tra i due e fatto emergere un clima di intimidazione, con minacce anche personali rivolte al figlio.
Questo episodio è stato uno degli aspetti presi in considerazione dal giudice nel valutare la gravità del quadro familiare e nel decidere la pena, sottolineando la complessità del disegno accusatorio che abbraccia più elementi di violenza, fisica e psicologica.
Presunzione di innocenza e principi costituzionali
Nonostante la condanna, il caso rimane soggetto ai principi della presunzione di innocenza sancita dall’articolo 27 della Costituzione italiana. Secondo questa norma, ogni persona è considerata innocente fino a quando la condanna non diventa definitiva. Questo principio tutela l’imputato durante tutto il processo e fino al momento in cui la sentenza non acquisisce forza di legge.
Lo stato di diritto impone che le condanne siano rispettate ma che si garantisca al contempo il rispetto dei diritti dei coinvolti, soprattutto in situazioni delicate come quelle di maltrattamenti in famiglia, che spesso coinvolgono dinamiche personali complesse e profonde ferite psicologiche.
Le autorità locali di Civita Castellana rimangono impegnate nel monitorare questi casi per prevenire episodi di violenza domestica, mantenendo alta l’attenzione sulle conseguenze sociali e personali di tali fatti.