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minacce di morte a genitori per debito di droga del figlio a vetralla, processo per tre imputati

Tre giovani di Vetralla sono accusati di minacce per un debito di 800 euro legato all’hashish, con il processo in corso e attesa della sentenza prevista per luglio 2025.

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Tre giovani di Vetralla sono a processo per aver minacciato un ragazzo e i suoi genitori per un debito legato alla vendita di hashish, con richieste di pagamento minacciose e misure cautelari in corso. - Unita.tv

Tre giovani sono finiti a processo a Vetralla accusati di aver minacciato la vita di un ragazzo e i suoi genitori per ottenere il pagamento di una somma legata a un debito di hashish. Il caso risale a maggio 2021 e coinvolge una famiglia al centro di una vicenda che tocca da vicino il consumo e lo spaccio di droga tra i giovani della zona.

Minacce telefoniche ricevute dai genitori per il debito di 800 euro

Il 10 maggio 2021, una madre di Vetralla ha contattato il 112 per segnalare una situazione di pericolo reale. Quella sera, intorno alle 21, la donna ha riferito alle forze dell’ordine della presenza di quattro ragazzi che suonavano ripetutamente alla porta di casa, chiedendo insistentemente il figlio. La minaccia era chiara e grave: se non avessero pagato 800 euro per un debito di droga, i ragazzi avrebbero fatto del male al giovane. “Se non pagate, lo uccidiamo, gli spariamo”, sono state le parole che hanno terrorizzato la famiglia. Il padre, svegliato dalle urla mentre era seduto sul divano dopo una lunga giornata di lavoro, ha confermato di aver sentito le minacce e di aver subito percepito il pericolo.

Intervento dopo la chiamata e tentativi di pagamento

Durante l’interrogatorio in tribunale, un carabiniere ha raccontato l’intervento dopo la chiamata, spiegando che la situazione appariva fuori controllo. La madre ha narrato che i ragazzi avevano dato ai genitori tre giorni per saldare la somma richiesta. Per evitare conseguenze peggiori, la famiglia aveva cercato di pagare parte del debito tramite versamenti su una carta PostePay, finché la carta non è stata bloccata.

Dichiarazioni spontanee di uno degli imputati e testimonianza del figlio

Tra i tre ragazzi accusati di aver esercitato queste pressioni, uno ha scelto di rilasciare una dichiarazione spontanea durante il processo. Ha chiesto perdono, ammettendo che la situazione è degenerata oltre il previsto e sottolineando di essersi ormai inserito nel mondo del lavoro. “Mi dispiace, non volevamo mettere paura a nessuno, la situazione ci è sfuggita di mano”, ha detto davanti al collegio giudicante. Il suo intervento è arrivato dopo l’ultima deposizione di un teste dell’accusa.

Il figlio minacciato, ascoltato in aula, ha riconosciuto di avere avuto un debito verso i tre imputati per circa 700 euro, legato alla compravendita di hashish. Ha descritto la sua difficoltà nel saldare la somma, parlando apertamente dei “fare affari” con questi soggetti. I messaggi intercorsi prima dell’episodio confermano l’urgenza con cui i presunti spacciatori sollecitavano il pagamento: un messaggio del 21 aprile 2021 in cui il ragazzo prometteva di restituire metà della somma entro pochi giorni e una risposta del 22 aprile con la richiesta esplicita di “voglio i soldi oggi”.

Provvedimenti cautelari e percorso giudiziario

Pochi giorni dopo le minacce, tre giovani furono sottoposti alla misura cautelare del divieto di dimora a Vetralla. La decisione è stata presa per evitare il rischio di reiterazione dei comportamenti violenti e per tutelare la famiglia minacciata. Il processo è quindi iniziato e si sta svolgendo nel tribunale locale.

Andamento delle udienze e attesa della sentenza

Le udienze sono proseguite raccogliendo testimonianze e dichiarazioni, ora in attesa della sentenza prevista per luglio 2025. Fra gli atti, le deposizioni di testimoni, le ammissioni dell’imputato che ha scelto di parlare spontaneamente e i racconti diretti della vittima e dei genitori mettono in luce una vicenda complessa, che coinvolge le dinamiche della microcriminalità legata al consumo di sostanze stupefacenti tra i giovani.

Nel sistema giudiziario, gli imputati restano privi di colpevolezza fino al giudizio definitivo come stabilito dall’articolo 27 della Costituzione italiana. Il caso attende dunque di essere definito nel merito, mentre la cronaca locale segue con attenzione la vicenda che riguarda una problematica diffusa in tante comunità.