Vittima di maltrattamenti a viterbo ritira la querela ma il processo prosegue per i minori coinvolti
Un uomo accusato di maltrattamenti a Viterbo vede la querela ritirata dalla parte offesa, ma il procedimento continua per tutelare il benessere della figlia minore coinvolta nella vicenda.

A Viterbo, nonostante il ritiro della querela per maltrattamenti aggravati, il processo continua per tutelare la figlia minore coinvolta; la vittima segue un percorso di supporto psicologico. - Unita.tv
La situazione giudiziaria di un uomo accusato di maltrattamenti aggravati a Viterbo ha subito uno sviluppo inatteso: la parte offesa ha ritirato la querela, senza però bloccare il procedimento. Il caso è seguito dal tribunale locale e coinvolge anche la tutela della figlia minore della coppia. Sono emersi dettagli importanti sulla dinamica dei fatti e sulle fasi successive alla separazione della coppia. A fare chiarezza ci ha pensato l’avvocato che assiste la vittima, fornendo aggiornamenti sulle scelte processuali e sul percorso intrapreso dalla donna.
La decisione della parte offesa di ritirare la querela
Ieri, durante l’udienza davanti al collegio presieduto dal giudice Francesco Oddi, la parte offesa ha comunicato attraverso il suo legale, Dominga Martines, la volontà di ritirare la querela nei confronti del suo ex compagno. L’uomo era imputato per maltrattamenti aggravati, accuse nate da comportamenti che si sarebbero verificati mentre la coppia era ancora insieme.
Il ritiro della querela non ha però cancellato l’interesse del pubblico ministero, Michele Adragna, che ha deciso di proseguire con la raccolta della testimonianza della donna, data l’esistenza di una figlia minore che potrebbe aver assistito agli episodi. La presenza di un minore ha mantenuto l’attenzione dell’accusa, proprio per valutare eventuali rischi sul suo benessere psicofisico.
Il ritiro di una querela in questi casi non è raro, soprattutto in rapporti con dinamiche familiari complesse. La scelta della vittima può scaturire da numerosi motivi, tra cui pressioni emotive, ripensamenti personali o situazioni di dipendenza psicologica. Nonostante ciò, la legge tutela maggiormente i minori coinvolti, motivo per cui il procedimento non è stato archiviato.
La storia della coppia e i segnali di malessere
La relazione tra i due adulti si era conclusa nel 2021, quando hanno deciso di non vivere più insieme. Entrambi erano legati da un rapporto lavorativo e personale iniziato nel 2013, quando la donna, originaria di Roma, si era trasferita nella Bassa Tuscia. Condividevano la gestione di una cooperativa impegnata in attività ambientali. Per circa otto anni hanno convissuto, prima che emergessero le prime difficoltà importanti.
Secondo il racconto della donna, le tensioni erano iniziate già nel 2015. A rendere più chiara la portata del disagio è una vicenda di particolare rilievo: durante un’uscita con la figlia e alcuni asinelli, la vittima ha subito un’aggressione verbale telefonica da parte del compagno. Quella situazione è stata notata da un’operatrice di un centro antiviolenza romano, presente sul posto per altri motivi, che ha incoraggiato la donna a denunciare e a documentare ogni episodio in vista di una possibile escalation. Il centro le consigliò di raccogliere testimonianze e prove, in modo da fronteggiare eventuali atti gravemente lesivi.
Le prove raccolte e il percorso di recupero della vittima
La donna ha raccontato di aver seguito con attenzione i consigli della struttura antiviolenza. Nel tempo ha registrato messaggi vocali e altre prove di insulti gravi, che dimostrerebbero un clima ostile durato anni. Quando l’ex compagno le contestava per esempio un danno causato alla macchina, le sue parole si facevano pesantemente offensive. Insulti come “testa di merda” o “hai problemi al cervello” fanno parte del materiale che è stato prodotto in giudizio come elementi a supporto dell’accusa.
L’esperienza ha segnato profondamente la donna, che ora sta affrontando una terapia psicologica per gestire le conseguenze emotive della vicenda. Ha ammesso di sentirsi in colpa per quanto accaduto, sensazione comune in chi subisce violenze. La psicoterapia rappresenta un passaggio utile per elaborare il trauma e recuperare un equilibrio interiore.
Il principio di presunzione di innocenza nel processo penale italiano
Nel sistema giudiziario italiano vale il principio costituzionale di presunzione di innocenza, sancito dall’articolo 27 della Costituzione. Questo stabilisce che nessuno può essere considerato colpevole fino a una sentenza definitiva. Il principio protegge ogni imputato finché non viene accertata la responsabilità con un giudizio conclusivo.
Nel caso al tribunale di Viterbo, anche se la querela è stata ritirata, il procedimento continua per accertare la verità alla luce delle prove raccolte e della testimonianza della parte offesa. Le corti devono valutare con attenzione ogni elemento, senza pregiudizi, per rispettare i diritti di tutte le persone coinvolte, inclusa quella del minore. La procedura seguirà le fasi previste dal codice penale e civile, tutelando l’incolumità di chi potrebbe essere ancora a rischio.
Il procedimento giudiziario resta aperto e attende le ulteriori udienze per chiarire la posizione dell’imputato, mentre la tutela psicologica della donna prosegue parallelamente, nel tentativo di riportare serenità nella sua vita quotidiana.