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Processo per violenza su minore con abusi dal 2012, la testimonianza resta valida senza udienza

Un processo per violenza sessuale su una bambina del 2012 si svolge a Viterbo, con la testimonianza della vittima confermata da un incidente probatorio e questioni legali sulla competenza del tribunale.

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Processo a Viterbo per violenza sessuale su una bambina nel 2012, con testimonianza raccolta tramite incidente probatorio. Il dibattimento prosegue davanti a un collegio di giudici, valutando anche la capacità dell’imputato di partecipare al processo, nel rispetto della presunzione di innocenza. - Unita.tv

Un processo per violenza sessuale su una bambina di sette anni nel 2012 è ora davanti al collegio di viterbo. La vittima, oggi ventenne, ha visto la sua versione fissata durante l’incidente probatorio, confermata da una perizia psicologica che ne ha stabilito l’attendibilità. Questo ha evitato la sua testimonianza diretta in aula. La vicenda ha aperto questioni legali sulle modalità di svolgimento del dibattimento e sulla capacità dell’imputato di parteciparvi.

La testimonianza della minore e la fase dell’incidente probatorio

Il caso riguarda una giovane donna che, all’epoca dei fatti, era una bambina di sette anni. La sua deposizione è stata raccolta nell’incidente probatorio, una procedura che permette di acquisire testimonianze fondamentali prima del processo vero e proprio. A seguito di questa, una consulenza psicologica ha analizzato la coerenza e la stabilità del racconto, confermando che la versione della minore può essere ritenuta attendibile.

Questo passaggio ha avuto un ruolo cruciale: la testimonianza, valida e cristallizzata, esonera la vittima dalla necessità di comparire in aula durante il dibattimento davanti al collegio. Tale decisione è stata presa anche per tutelare la persona offesa, riducendo il trauma legato a eventuali confronti diretti con l’imputato. La scelta di utilizzare l’incidente probatorio rappresenta un meccanismo previsto nel nostro sistema giudiziario per casi delicati che coinvolgono minori o persone vulnerabili.

Si tratta di un procedimento che rafforza la validità delle prove raccolte precocemente e garantisce il diritto a un processo equo senza esporre inutilmente la vittima a nuove sofferenze. Nelle prossime udienze del processo si valuteranno tutte le altre prove e testimonianze per ricostruire i fatti avvenuti tra il 2012 e gli anni successivi.

La questione della competenza e le modifiche legislative sui reati sessuali

Durante l’udienza dell’ammissione delle prove, l’avvocato di parte civile ha sollevato una questione importante: vista l’età inferiore ai dieci anni della vittima al momento degli abusi, il processo non dovrebbe svolgersi davanti alla corte d’assise. Il codice prevede infatti l’aggravante per i reati sessuali commessi su minori particolarmente piccoli che comporta una pena più severa.

La norma più restrittiva è entrata in vigore nel 2019. Se i reati fossero avvenuti dopo quella data, l’imputato rischierebbe fino a 24 anni di carcere e il processo coinvolgerebbe una giuria popolare, cioè la corte d’assise. Ma poiché gli abusi risalgono al 2012, si applicano le disposizioni precedenti. Di conseguenza il dibattimento proseguirà davanti a un collegio di giudici togati.

Questa distinzione temporale è centrale per determinare la competenza del tribunale e la natura del processo. Conferma anche come i cambiamenti normativi influenzino il percorso giudiziario di casi simili, a seconda di quando i presunti reati sono stati commessi. La decisione di mantenere il dibattimento davanti al collegio tiene conto della legge vigente all’epoca dei fatti.

La salute dell’imputato e la sua capacità di partecipare al processo

La difesa ha portato all’attenzione del collegio la grave condizione di salute dell’imputato, amputato di un arto e dichiarato invalido. Ha chiesto che questa situazione possa giustificare l’impossibilità di presenziare alle udienze, proponendo possibili soluzioni alternative o forme di esenzione.

Il tribunale ha esaminato tutta la documentazione medica e una consulenza tecnico-medica svolta in fase preliminare. Ne è emerso che l’uomo può spostarsi da casa con metodi alternativi e partecipare alle udienze senza impedimenti rilevanti. In questo modo potrà esercitare il diritto alla difesa, garantito anche fisicamente, secondo quanto previsto dalla normativa sul giusto processo.

Il collegio ha ritenuto che l’imputato possa affrontare il giudizio in modo adeguato. La valutazione della capacità di stare a giudizio è fondamentale in casi con gravi problemi sanitari. Serve a evitare processi inutili o ingiusti ma anche a tutelare il diritto dell’imputato a difendersi personalmente. Questa decisione fa riferimento alla situazione medica aggiornata nelle ultime verifiche.

Il calendario delle udienze e gli atti processuali previsti

Il pubblico ministero michele adragna ha indicato quattro testimoni da ascoltare durante il processo. Sono stati fissati i primi interrogatori a gennaio 2026. Dopo l’escussione di queste persone si procederà alla discussione finale. La difesa, in questa fase, non ha presentato testimoni a proprio favore.

Il percorso processuale si svolgerà quindi con la raccolta di prove testimoniali e documentali. L’iter tenta di garantire un equilibrio tra le verifiche probatorie chieste dall’accusa e il contraddittorio garantito alla difesa. Le tempistiche previste indicano come la fase centrale del dibattimento si concentrerà nelle prime settimane del prossimo anno.

Questo calendario fornisce un quadro chiaro del proseguo del processo. Seguendo le norme, ogni parte avrà la possibilità di intervenire e difendere le proprie ragioni. La scelta di non portare testimoni dalla difesa non significa un abbandono ma può riflettere valutazioni strategiche legate allo sviluppo dei fatti e alle prove già acquisite.

Il principio della presunzione di innocenza nel diritto penale italiano

L’imputato gode del principio costituzionale della presunzione di innocenza, sancito dall’articolo 27 della costituzione italiana. Questo significa che nessuno è considerato colpevole prima di una condanna definitiva, che sia passata in giudicato.

Il principio protegge chi è sottoposto a processo, evitando che venga trattato come responsabile da subito. Resta un cardine di ogni procedimento penale. La legge impone di provare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio prima di infliggere una condanna.

Nel contesto di questo processo, il principio serve a ricordare che l’imputato deve essere giudicato solo sulla base delle prove emerse durante il dibattimento e utilizzando le regole del giusto processo. Finché non arriverà una sentenza definitiva, resta innocente agli occhi della legge. Questo garantisce equilibrio e tutela dei diritti fondamentali in ogni fase del processo.