La corte di cassazione conferma che il tempo per indossare la divisa va pagato come straordinario
La corte di cassazione italiana stabilisce che il tempo necessario per indossare e togliere le divise deve essere retribuito come lavoro straordinario, creando un precedente significativo per i lavoratori.

La Corte di Cassazione italiana ha stabilito che il tempo impiegato per indossare e togliere divise o dispositivi di protezione sul lavoro deve essere considerato e retribuito come lavoro straordinario, creando un importante precedente per i lavoratori pubblici e privati. - Unita.tv
Il dibattito sul “tempo tuta”, ovvero il periodo necessario ai lavoratori per indossare e togliere le divise o gli indumenti protettivi, ha trovato una nuova conclusione con l’ultima sentenza della corte di cassazione italiana. Le operazioni di vestizione e svestizione, obbligatorie sul posto di lavoro, devono essere remunerate come lavoro straordinario. La decisione riguarda specificamente i dipendenti dell’Asl di Viterbo, ma crea un precedente rilevante per molte categorie di lavoratori.
Il contesto della vertenza e il ruolo dell’asl di viterbo
La questione si è sviluppata a Viterbo, dove un gruppo di dipendenti ha contestato il mancato riconoscimento economico del tempo dedicato al cambio della tuta obbligatoria sul posto di lavoro. L’Asl locale non aveva considerato questa fase come parte dell’orario retribuito, nonostante fosse necessario indossare camici, guanti, scarpe antinfortunistiche, caschi o altri dispositivi di protezione individuale. Il tribunale di Viterbo ha riconosciuto questo diritto, stabilendo che il tempo necessario per prepararsi all’attività lavorativa rientra nel computo del lavoro.
Livelli giudiziari coinvolti
La vicenda ha coinvolto diversi livelli giudiziari: dal tribunale di primo grado alla corte di appello di Roma e infine alla cassazione. La disputa ha messo in luce quanto questa pratica, diffusa in vari ambiti produttivi e sanitari, influisca concretamente sulla vita dei lavoratori e sulle modalità di calcolo della retribuzione.
La pronuncia della corte di appello di roma sul lavoro straordinario
La corte di appello di Roma ha modificato in parte la sentenza del tribunale locale, imponendo all’Asl il pagamento come lavoro straordinario del tempo speso per vestire e svestire la divisa. Secondo la corte, il tempo utile si aggira intorno ai 15 minuti a turno, un valore ritenuto ragionevole e condiviso dai lavoratori. La decisione include anche il periodo trascorso nello spogliatoio e il percorso per raggiungere il reparto di lavoro, che viene considerato parte integrante di questa fase.
Il calcolo del tempo vitale per la vestizione è stato fissato a partire dal 9 marzo 2017, data della notifica del ricorso che ha portato alla definizione della controversia. Il tribunale ha escluso che tale riconoscimento potesse avere effetto retroattivo per periodi precedenti questa data, motivando che nessuna richiesta era stata avanzata per quei tempi. Questo impone quindi alla retribuzione di riflettere correttamente le ore effettive dedicate a queste operazioni, con effetti economici concreti.
Valutazioni al riguardo
“La decisione di fissare un limite temporale è necessaria per evitare pretese economiche illimitate,” si legge nelle motivazioni della corte, ponendo un equilibrio tra diritti dei lavoratori e esigenze organizzative.
Il verdetto della corte di cassazione sulla prescrizione e decorrenza
La sentenza della corte di cassazione ha confermato la decisione della corte di appello, rifiutando il ricorso presentato dai lavoratori che chiedevano l’estensione del pagamento per un periodo di cinque anni precedente al 9 marzo 2017. Gli ermellini hanno chiarito che non è stato ignorato l’istituto della prescrizione, bensì che mancavano domande precise per quel periodo.
Nel dettaglio, la cassazione ha sottolineato che il diritto alla retribuzione per il “tempo tuta” è stato accertato solo a partire dalla data dell’introduzione del ricorso, e non si possono fare retroattivamente richieste economiche senza che siano state già formulate in sede giudiziaria. Nessuna modifica è stata fatta sulla decorrenza stabilita dal giudice di primo grado, né la corte territoriale ha inteso cambiarla.
Chiarimenti su prescrizione e decorrenza
“Il diritto al riconoscimento economico è certo, ma non si può ignorare la prescrizione,” si legge nella motivazione della sentenza, che segna un punto fermo nel diritto del lavoro.
Implicazioni per i lavoratori e le aziende nel settore pubblico e privato
Questo pronunciamento ha implicazioni per molti lavoratori che devono indossare divise o dispositivi di protezione, specie in ambito sanitario e industriale. Il riconoscimento come lavoro straordinario del “tempo tuta” implica che questi minuti vadano conteggiati e retribuiti adeguatamente, con possibili adeguamenti contrattuali e modifiche nelle modalità di rilevazione dell’orario effettivo di lavoro.
Dal lato delle aziende, pubbliche o private che siano, la sentenza impone quindi una maggiore attenzione alle pratiche di contabilizzazione dell’orario. Non basta considerare solo l’attività sul posto o presso i reparti produttivi, ma anche tutte le azioni necessarie, imposte dall’organizzazione, per prepararsi al lavoro stesso. Questo potrebbe influire anche sulle normative interne, con possibili modifiche ai regolamenti e alle procedure di gestione del personale, specie per i turni di lavoro.
Ruolo di sindacati e lavoratori
Si evidenzia infine l’importanza per i sindacati e per i lavoratori di monitorare in modo puntuale i tempi impiegati nelle fasi preliminari e conclusive dell’orario lavorativo. Controversie come quella dell’Asl di Viterbo indicano che la giurisprudenza è pronta a concedere un credito salariale concreto per attività che fino a poco tempo fa non venivano considerate nell’orario retribuito.
La sentenza della cassazione del 7 giugno 2025 sarà senza dubbio oggetto di studio nelle trattative future su orari e compensi di chi lavora con tute e divise obbligatorie.