Udienza preliminare per abusi su minori: il caso dello scout Simone di Pinto a Roma e ruolo della garante Sansoni
A Roma, l’udienza preliminare contro Simone di Pinto, ex assistente scout accusato di abusi su minori e pedopornografia, evidenzia il ruolo cruciale della garante per l’infanzia Monica Sansoni nel supporto alle vittime.

A Roma si è svolta l’udienza preliminare contro Simone di Pinto, accusato di abusi su minori nel gruppo scout AGESCI Terracina 3; la garante per l’infanzia Monica Sansoni e la comunità locale offrono supporto alle vittime e sostengono la giustizia. - Unita.tv
A Roma si è svolta l’udienza preliminare riguardante un grave caso di abusi sessuali su minori che coinvolge Simone di Pinto, 19 anni, ex assistente capo scout del gruppo AGESCI Terracina 3. Il giovane è accusato di reati legati alla pedopornografia e all’abuso di minorenni, compiuti durante il suo incarico educativo. La garante per l’infanzia della regione Lazio, Monica Sansoni, ha avuto un ruolo chiave nel far emergere la vicenda, offrendo supporto alle famiglie e favorendo la denuncia. Le istituzioni, assieme alle associazioni e alla comunità scout, si sono mosse per garantire tutela e giustizia alle vittime.
Il ruolo della garante per l’infanzia monica sansoni e il supporto alle famiglie
Monica Sansoni, garante per l’infanzia e l’adolescenza nella regione Lazio, ha giocato un ruolo decisivo nell’emersione del caso. Grazie al centro antiviolenza dedicato ai minori vittime di abusi, Sansoni ha ricevuto le segnalazioni delle famiglie coinvolte, offrendo loro assistenza e orientamento legale e psicologico. Questa vicinanza alle vittime ha permesso di attivare rapidamente la denuncia e le indagini.
Sansoni ha sottolineato l’importanza di creare spazi sicuri dove i minori e le loro famiglie possano essere ascoltati e protetti, al riparo da ulteriori traumi. Ha definito la collaborazione con magistratura, forze dell’ordine e associazioni un elemento chiave per far emergere fatti spesso nascosti. La sua dichiarazione ha evidenziato come la tutela del superiore interesse del minore rappresenti il principale impegno, con la speranza che la giustizia garantisca risposte coerenti ai danni subiti.
Questa vicenda ha stimolato un rafforzamento della rete di protezione territoriale per i minori. Il centro antiviolenza di Monica Sansoni continua a fornire sostegno concreto, assicurando che nessun bambino rimanga isolato dopo esperienze violente. Sono stati attivati percorsi di assistenza psicologica per le famiglie, elemento che fa parte di un intervento multidisciplinare.
La risposta della comunità scout e la costituzione di parte civile
Il gruppo scout AGESCI Terracina 3, insieme alle famiglie delle vittime, si è costituito parte civile nel procedimento penale. Questo segnale indica una reazione compatta della comunità contro gli abusi all’interno di un ambiente che dovrebbe essere protettivo e educativo. Anche diverse associazioni impegnate nella lotta contro la violenza sui minori, come “insieme a marianna” aps e “no child abuse”, hanno aderito alla costituzione di parte civile.
La presenza di queste realtà testimonia l’interesse collettivo nel garantire sostegno alle vittime e una volontà condivisa di non minimizzare i fatti. Questi gruppi offrono supporto psicologico e legale, accompagnando le famiglie nelle fasi nuove e delicate del procedimento giudiziario. L’impegno coincide con la necessità di difendere i minori da ogni forma di abuso, assicurando che la responsabilità venga riconosciuta e perseguita.
La costituzione di parte civile rappresenta inoltre un modo per tutelare i diritti delle vittime, dando voce a chi ha subito il trauma e determinando il coinvolgimento diretto nelle fasi processuali. Questo aspetto evidenzia un percorso di giustizia che coinvolge non solo il tribunale ma la società civile nel suo complesso.
L’udienza preliminare e le accuse contro Simone di pinto
Il tribunale di Roma ha ospitato l’udienza preliminare in cui Simone di Pinto è stato imputato per presunti abusi su minori e produzione di materiale pedopornografico. Il pubblico ministero Vittoria Bonfanti ha chiesto una condanna a otto anni di reclusione e una multa di 60mila euro. Secondo l’accusa, di Pinto ha sfruttato la sua posizione di fiducia nel gruppo scout per commettere episodi di violenza sessuale contro quattro minorenni. I fatti sono stati scoperti dopo un’indagine che ha portato all’arresto del giovane il 2 agosto 2024.
Le accuse riguardano la violazione del ruolo educativo, con la dinamica degli abusi che si sarebbe sviluppata all’interno delle attività scouting. L’attenzione del tribunale si concentra sul danno subito dai minori, considerando la gravità dei reati contestati e la necessità di garantire una risposta giudiziaria adeguata. Il processo è in corso, con la prossima udienza fissata per l’11 luglio, quando sarà ascoltata la difesa, che ha richiesto un rito abbreviato condizionato a una perizia psicologica.
Prospettive future del processo e impegni delle istituzioni
Il procedimento continuerà con l’udienza dell’11 luglio, quando la difesa di Simone di Pinto presenterà le proprie argomentazioni, sostenendo il rito abbreviato condizionato a una consulenza psicologica. Questo passaggio potrà influire sull’iter del processo e sull’entità della pena richiesta dal pubblico ministero. Intanto, le istituzioni coinvolte ribadiscono l’attenzione verso la protezione dei minori e la prevenzione di simili episodi.
L’impegno della garante per l’infanzia continua, puntando a potenziare reti di ascolto e supporto alle famiglie. La magistratura e le forze dell’ordine lavorano in sinergia con servizi sociali e associazioni per fronteggiare in modo coordinato casi di violenza su minori. Questa collaborazione favorisce un approccio che non si limita all’aspetto giudiziario ma considera la cura del disagio e la tutela affettiva delle vittime.
L’attenzione pubblica rimane alta su storie come questa, che mostrano la fragilità di ambienti educativi a rischio di abusi. La giustizia si prepara a svolgere il proprio ruolo di garanzia e repressione, mentre le famiglie si affidano a un contesto di protezione più articolato, dove trovano risposte concrete e accompagnamento adeguato nel percorso di recupero.