Il progetto di invasi sul fiume paglia divide istituzioni e comunità locali tra difesa idraulica e tutela ambientale
Il progetto per il fiume Paglia, che prevede opere idrauliche per gestire piene e siccità, suscita polemiche in Toscana, Lazio e Umbria, con la sindaca Alessandra Terrosi in prima linea contro la diga proposta.

Il progetto di una diga sul fiume Paglia in Toscana, Lazio e Umbria suscita controversie tra autorità e comunità locali, preoccupate per impatti ambientali, idrogeologici e culturali, e chiede un coinvolgimento più partecipativo e soluzioni sostenibili alternative. - Unita.tv
Il futuro del fiume Paglia torna al centro di un acceso confronto tra autorità pubbliche e territori coinvolti. Un piano che prevede la realizzazione di opere idrauliche per contenere le piene e stoccare acqua in periodi di siccità, ha suscitato reazioni contrastanti in Toscana, Lazio e Umbria. Accanto alle istituzioni che sostengono il progetto, si muove un comitato di difesa con la sindaca Alessandra Terrosi in prima linea, che ha lanciato una petizione contro la costruzione di una diga nella media valle del Paglia.
Il progetto “sistemi di invasi sul fiume paglia” e i suoi obiettivi
L’iniziativa, presentata dal Segretario Generale Marco Casini e finanziata dal Piano Nazionale Invalsi, si propone di ridurre il rischio di esondazioni lungo il Paglia, migliorare la gestione delle risorse idriche e rafforzare la capacità dei territori di affrontare eventi climatici estremi. È previsto un sistema articolato in tre tipi di interventi: casse di espansione esterne al corso principale, invasi artificiali inseriti nel letto del fiume e attività di manutenzione straordinaria per mettere in sicurezza le sponde e le aree urbanizzate nei comuni interessati.
Le casse di espansione servono a contenere temporaneamente il volume delle piene, distribuendo meglio il flusso dell’acqua. Gli invasi artificiali invece agiscono direttamente sul corso d’acqua principale e il loro impatto dipende molto dalla posizione e dimensione. La manutenzione riguarda soprattutto la parte alta del Paglia con l’obiettivo di tutelare infrastrutture come la Strada Statale Cassia, le zone industriali e soprattutto le attività agricole locali.
Un dibattito pubblico interregionale
Il dibattito pubblico avviato dall’Autorità di Bacino per l’Appennino Centrale punta a coinvolgere cittadini, amministrazioni e stakeholder per definire le modalità di intervento su scala interregionale.
Le perplessità e la protesta delle comunità locali e della sindaca terrosi
Nelle ultime settimane, la sindaca di uno dei comuni lungo il fiume, Alessandra Terrosi, ha preso posizione contro la realizzazione della diga proposta nella media valle del Paglia. L’area individuata si caratterizza per un elevato grado di naturalità e biodiversità, ed è tutelata da numerose aree naturali protette e siti di interesse comunitario. L’opera minaccierebbe l’equilibrio idrogeologico di un territorio fragile, soggetto a frane e smottamenti già esistenti, con possibile aggravamento delle condizioni di rischio per le popolazioni residenti e le infrastrutture.
Il comitato per la difesa del fiume ha promosso una petizione inviata alle principali istituzioni nazionali e regionali, chiedendo di riconsiderare il progetto. Evidenzia come la costruzione della diga provocherebbe impatti irreversibili a livello ambientale, paesaggistico e storico-archeologico, con la perdita di aree di suolo ancora integro e la compromissione di importanti connessioni ecologiche. Sul piano idrogeologico, si teme che l’invaso acceleri processi di dissesto esistenti, riducendo la stabilità dei versanti.
Anche la mobilitazione cittadina segnala carenze nel processo di partecipazione pubblica, sottolineando tempi ristretti, scarsa trasparenza e assenza di confronto con i gruppi locali già attivi nei percorsi di tutela e riqualificazione del fiume.
Rischio per l’identità territoriale
“La scarsa attenzione verso forme di partecipazione effettiva amplifica questo distacco tra cittadini e decisioni di carattere infrastrutturale,” sostiene la sindaca, ribadendo l’importanza di un coinvolgimento reale delle comunità interessate.
Conseguenze ambientali e rischi idrogeologici della diga nella media valle
L’area prescelta per l’invaso, tra le più ricche di flora e fauna del Centro Italia, comprende riserve naturali e corridoi ecologici vitali per molte specie. La creazione di uno sbarramento provocherebbe la sommersione di habitat e un forte impatto sulle condizioni microclimatiche locali.
L’aumento dell’umidità relativa, la produzione di gas serra legata alla decomposizione di materia organica sommersa, e la modifica del paesaggio influirebbero negativamente sulla qualità della vita e sulle colture preesistenti come vite e olivo, elementi economici fondamentali dell’area.
Impatti idrogeologici e ambientali
Sul fronte idrogeologico, la diga metterebbe a rischio la stabilità del terreno, poiché la capacità dell’invaso di immagazzinare quasi 30 milioni di metri cubi di acqua comporterebbe una maggiore saturazione del suolo e accelererebbe le frane attive. Le operazioni di svuotamento e riempimento degli invasi potrebbero determinare ulteriori dissesti, aumentando i pericoli già presenti.
Non va trascurato il problema dell’inquinamento da mercurio derivante dalle miniere dismesse del Monte Amiata, accumulato nei sedimenti fluviali. La sedimentazione e il rilascio dei metalli pesanti con le piene potrebbero portare a un rinnovato inquinamento ambientale e rischi diretti per la salute.
Patrimonio culturale e identità locale minacciati dal progetto
Oltre all’aspetto naturalistico, la media valle del Paglia custodisce un rilevante patrimonio storico e archeologico risalente all’epoca etrusca. Sono state documentate necropoli, insediamenti antichi e strutture storiche che verrebbero messe a rischio dall’invaso e dalle sue infrastrutture connesse.
La presenza di castelli, borghi e ville storiche rende quest’area anche un luogo a forte valore identitario per le comunità locali, che vedrebbero alterata la relazione di appartenenza al territorio.
Un legame comunitario a rischio
Il progetto determina una cesura materiale e simbolica, compromettendo la coesione sociale e il benessere intangibile degli abitanti. La scarsa attenzione verso forme di partecipazione effettiva amplifica questo distacco tra cittadini e decisioni di carattere infrastrutturale.
Alternative proposte per una gestione più sostenibile del fiume paglia
Diversi esponenti e associazioni chiedono di valutare soluzioni diverse dalla diga e dagli interventi rigidi proposti. Si suggerisce di puntare su pratiche di gestione basate sulla natura e sulla conservazione del territorio con tecniche riconosciute come Nature-based Solutions.
Tra queste: favorire la ricarica naturale delle falde acquifere e la gestione equilibrata di invasi esistenti; realizzare piccoli bacini di accumulo vicino agli utilizzatori; migliorare la manutenzione e il ripristino degli alvei e delle sponde per prevenire le piene; adottare metodi agronomici che riducono il deflusso superficiale e l’erosione; conservare la vegetazione forestale che regola il flusso dell’acqua e stabilizza il terreno.
Una nuova visione per il fiume
L’obiettivo si sposta dall’ingegneria classica verso un modello di protezione che valorizzi la biodiversità, riduca l’impatto ambientale e coinvolga le comunità locali nelle scelte.
Viene sollecitata l’estensione di aree protette e parchi interregionali, in particolare per salvaguardare la media valle e i suoi habitat a rischio. Si chiede infine la sospensione di progetti che modificano l’equilibrio fluviale e un percorso partecipato più inclusivo che tenga conto delle esperienze locali già attive.
Il dibattito rimane aperto. Sul fiume Paglia si incrociano esigenze di sicurezza, tutela ambientale e diritti delle popolazioni, con una posta in gioco che riguarda non solo il territorio ma anche il rapporto politico tra istituzioni e cittadini.