Di Alessio Campana in collaborazione con Saverio Beccaccioli – Chissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella, si chiedeva Gianni Rodari. Di certo la musica – che come la luna è universale per definizione – riesce a parlare la stessa lingua a ogni latitudine del globo: nei teatri più importanti del pianeta e in quelli dei piccoli borghi, come Fabrica di Roma, che non si arrendono a un mondo privo di bellezza. Un messaggio di speranza è arrivato domenica pomeriggio al teatro Palarte, all’ombra della torre che fieramente vigila sul gli abitanti del paese. L’orchestra Ars Nova, formata esclusivamente da giovani under  ventiquattro (compresi i due direttori), ha eseguito, in una trascrizione del maestro Luca Tomarchio e diretta da Giuseppe Maria Ceccarini, l’inno ucraino mescolato alle note di quello di Mameli. “Un messaggio semplice e chiaro – spiega Tomarchio a Telelazionord – il fondersi dei due inni rappresenta l’unione e la solidarietà che il nostro paese sta dando all’Ucraina. All’interno di questo arrangiamento viene inserita anche La Grande Porta di Kiev tratta dai Quadri di un’esposizione del compositore russo Musorgskij. L’intento – prosegue il giovane direttore – era quello di realizzare in musica ciò che sta accadendo in queste ore: la contrarietà alla guerra di gran parte della popolazione russa e l’assedio che sta subendo la capitale ucraina”.La storia ci insegna che mentre in guerra si alzano muri e trincee, la musica è in grado di coprire il rumore delle bombe e riunire i popoli. L’arte, più in generale, è una delle più alte forme di resistenza. I giovani musicisti hanno aderito al movimento “un fazzoletto bianco”, simbolo della contrarietà al conflitto, chiedendo una pace mondiale che preveda come presupposto la fratellanza di tutti i Paesi. “La soluzione è il dialogo ma la musica chiarisce ciò che risulterebbe più complicato dire a voce”, continua il maestro.Il direttore Giuseppe Maria Ceccarini spiega che “il dovere personale si fonde a quello dell’artista suscitando pensieri e riflessioni”. Il pubblico è rimasto sorpreso e commosso dal senso di responsabilità di questi giovani e dall’attitudine sociale ed espressiva che hanno dimostrato di avere. Il maestro Ceccarini, riferendosi all’orchestra, svela il segreto dei suoi componenti: ambiente di lavoro sereno, giovane, divertente e con una solida base di passione. Un concerto che ha segnato la ripartenza dopo un periodo di grandi chiusure e che, attraverso l’arte, è riuscito a trasmettere un importante messaggio di pace.Studiando un po’ l’AnconaChissà se la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, chissà se è la stessa o soltanto sua sorella, si chiedeva Gianni Rodari. Di certo la musica – che come la luna è universale per definizione – riesce a parlare la stessa lingua a ogni latitudine del globo: nei teatri più importanti del pianeta e in quelli dei piccoli borghi, come Fabrica di Roma, che non si arrendono a un mondo privo di bellezza. Un messaggio di speranza è arrivato domenica pomeriggio al teatro Palarte, all’ombra della torre che fieramente vigila sul gli abitanti del paese. L’orchestra Ars Nova, formata esclusivamente da giovani under  ventiquattro (compresi i due direttori), ha eseguito, in una trascrizione del maestro Luca Tomarchio e diretta da Giuseppe Maria Ceccarini, l’inno ucraino mescolato alle note di quello di Mameli. “Un messaggio semplice e chiaro – spiega Tomarchio a Telelazionord – il fondersi dei due inni rappresenta l’unione e la solidarietà che il nostro paese sta dando all’Ucraina. All’interno di questo arrangiamento viene inserita anche La Grande Porta di Kiev tratta dai Quadri di un’esposizione del compositore russo Musorgskij. L’intento – prosegue il giovane direttore – era quello di realizzare in musica ciò che sta accadendo in queste ore: la contrarietà alla guerra di gran parte della popolazione russa e l’assedio che sta subendo la capitale ucraina”.La storia ci insegna che mentre in guerra si alzano muri e trincee, la musica è in grado di coprire il rumore delle bombe e riunire i popoli. L’arte, più in generale, è una delle più alte forme di resistenza. I giovani musicisti hanno aderito al movimento “un fazzoletto bianco”, simbolo della contrarietà al conflitto, chiedendo una pace mondiale che preveda come presupposto la fratellanza di tutti i Paesi. “La soluzione è il dialogo ma la musica chiarisce ciò che risulterebbe più complicato dire a voce”, continua il maestro.Il direttore Giuseppe Maria Ceccarini spiega che “il dovere personale si fonde a quello dell’artista suscitando pensieri e riflessioni”. Il pubblico è rimasto sorpreso e commosso dal senso di responsabilità di questi giovani e dall’attitudine sociale ed espressiva che hanno dimostrato di avere. Il maestro Ceccarini, riferendosi all’orchestra, svela il segreto dei suoi componenti: ambiente di lavoro sereno, giovane, divertente e con una solida base di passione. Un concerto che ha segnato la ripartenza dopo un periodo di grandi chiusure e che, attraverso l’arte, è riuscito a trasmettere un importante messaggio di pace.

By Alessio Campana

Nato a Roma nel 1998, attualmente studia giurisprudenza all'Università La Sapienza. Già collaboratore del Corriere di Viterbo, è in Telelazionord dal 2019. Scrive di cronaca per AGI (agenzia giornalistica italiana), tra le principali agenzie di stampa italiane. Ha seguito, tra gli altri, il Rave di Valentano e i principali fatti di quest'anno nel Viterbese. Iscritto all'ordine dei giornalisti dal 2019.

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