Montale avrebbe detto che “non c’è sosta, ma strada e ancora strada, e che il cammino è sempre da ricominciare”. Edoardo Racanicchi, atleta di calcio a 5 che nel Viterbese ha vestito le maglie di Orte e Real Fabrica, sta muovendo i primi passi nella sua “seconda vita”, quella cominciata dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. “Sicuramente resterò nel mondo del futsal”, precisa, ma confesso che nessuno nutriva dubbi in merito: per riprendere il poeta, nella storia che stiamo per raccontare il pallone non fugge tra le case ma resta ancorato ai sentimenti più sinceri, ed è forse per questo che – lo ammetto – camminare sul filo di lana non è per niente semplice. Non sappiamo quanti milioni di scale abbia sceso Edoardo Racanicchi, ma possiamo immaginare quante migliaia di campi abbia calcato. Dalla Nazionale al palazzetto di periferia. Con una costante: “la mia famiglia” – dice a Telelazionord – “che è stata presente in ogni parte d’Italia”.
– Quand’è che Edoardo Racanicchi scopre il futsal? Qual è il primo contatto con questo sport?
Scopro il calcio a 5 all’età di 16 anni, era il mese di Ottobre del 2006. Avevo deciso di lasciare il calcio a 11 e, all’epoca, il viceallenatore del CLT Terni (che militava in serie A1), di Calvi come me, mi disse di andare a provare a fare un allenamento, così per scherzo. Da quel giorno mi sono follemente innamorato di questo sport e non ne sono più uscito.Non l’ho scelto: ci siamo incontrati un po’ per caso, ma è stato un colpo di fulmine e amore a prima vista.
Cosa hai provato la prima volta che hai indossato la maglia della nazionale?
La prima volta in una gara ufficiale con la nazionale under 21 è stata ad Alexandria, in Romania, a febbraio del 2010. Prima avevo fatto molti raduni in Italia.È stata una delle emozioni più belle della mia vita, difficile da descrivere con le parole. Un orgoglio, una felicità immensa. Cantare l’inno di Mameli da giocatore è stato un sogno.
Raccontaci un aneddoto…
Eravamo nel tunnel nel prepartita, pronti a entrare per gli inni. Era la prima volta per tutti noi del nuovo ciclo…Ero teso ed emozionato, forse più di tutti.Si è avvicinato a me il nostro capitano, Fabricio Urio, con il quale ero legato, e mi fa: “Edo, tranquillo, è come una partita di campionato…”E io risposi: “ma che mi prendi in giro? Ma che stai dì?” e giù di risate…
Quattro anni vissuti a Orte, non distante dalla tua Calvi. Nel Viterbese si sono vissute belle esperienze nel futsal. Raccontaci la tua.
Orte per me ha rappresentato molto, ho vissuto lì alcuni dei miei anni migliori. Sono particolarmente legato a Orte perché mio nonno, mio grande tifoso, ha vissuto lì per tre anni ed era felicissimo che io fossi arrivato a giocare lì.Sono arrivato in serie A2, eravamo una squadra fortissima, purtroppo perdemmo la finale play off per andare in serie A1 e la semifinale di Coppa Italia.Ho una marea di amici lì, anche la mia ex ragazza Elisa è di Orte. È un pezzo del mio cuore a cui resterò sempre legato. Sono stati anni meravigliosi.
Al Palazzetto non manca mai la presenza di tuo padre. Quanto è stata importante la tua famiglia nella tua carriera?
La mia famiglia, in particolare mio padre, è stata presente in ogni parte d’Italia. Sempre. Hanno fatto una marea di sacrifici, economici e di tempo, per portarmi a giocare e seguirmi. Sono stati fondamentali, sono il mio modello e il mio esempio. Glie ne sarò sempre grato.
Scavando nei ricordi troviamo Terni. Cosa ha rappresentato per te il calcio a 5 in quella città?
Terni è stato dove tutto è iniziato. Sono rimasto 5 anni.Lì sono cresciuto come giocatore e come uomo, grazie ad allenatori e compagni meravigliosi. Ho vinto tutto a livello di settore giovanile, uno scudetto under 21 da capitano, ho esordito e segnato in serie A1 a Napoli.Anche Terni è una parte fondamentale della mia vita.
140 goal con la maglia del Fabrica per un giocatore che, spesso, parte “dietro”. Qual è il goal più bello che hai segnato? E quello più importante?
Il più bello? Uno siglato con la maglia del Real Fabrica al Pala To Live contro il Grande Impero, che ci permise di qualificarci alle final four.Il più importante forse quello con la nazionale under 21, il mio unico gol in azzurro. Vincemmo in Slovenia .
Se potessi cambiare il risultato di una partita della tua carriera, quale sarebbe?
Sicuramente cambierei il risultato di Sestu, nella finale play off con la Cascina Orte, per salire in A1. Vincemmo l’andata 3 a 1 in casa, perdemmo in Sardegna 7 a 4 e svanì il sogno promozione. Quello è stato il giorno più brutto della mia carriera sportiva, senza dubbio.
L’arrivo a Fabrica. Per l’inizio di un’avventura stupenda… cosa hai pensato appena arrivato?
Sono arrivato a Fabrica nel luglio 2017, in C2, e ho percepito subito l’amore e la passione per quella maglia. Ho pensato di essere arrivato nel posto giusto al momento giusto e non mi sbagliavo. Il Real Fabrica è stata una storia d’amore folle, incredibile, una passione immensa. Diciamo che i momenti belli sono stati molti di più di quelli brutti. Il migliore è stato sicuramente il 6 gennaio 2020 con la vittoria della Coppa Italia ad Ariccia.Il più brutto la sconfitta nel derby: 8 a 3 in casa del Carbognano.
Quanto ti ha aiutato l’amore per questo sport nei momenti più difficili nella tua vita?
L’amore per questo sport mi ha aiutato incredibilmente in tutti i momenti della mia vita, soprattutto in quelli più bui. Mi ha insegnato ad affrontarli, a reagire, a superare gli ostacoli, ad affrontare le mie ansie e le mie paure.È stata un’ancora di salvezza molte volte, un porto sicuro dove approdare quando il mare era in tempesta .
Hai mai pensato di smettere? Hai pensato che non avresti avuto i successi che invece hai ottenuto?
Molte volte ho pensato se valesse la pena fare tutti i sacrifici che ho fatto, fin da quando ero ragazzo, qualche volta ho pensato anche di mollare…ma poi l’amore e la passione per questo sport erano troppo grandi. Oggi posso dire con certezza che è valsa la pena.
Più di un bambino della scuola calcio di Fabrica dice: “vorrei diventare come Racanicchi…”
Quando un bambino dice quella cosa il mio cuore batte forte, mi scende una lacrima e mi emoziono, mi riempio di orgoglio. Auguro però ai bambini di diventare molto meglio di me, gli auguro di emozionarsi e divertirsi, di affrontare ogni cosa con passione e amore…e vorrei dirgli che a volte i sogni si avverano veramente se li insegui con tenacia e determinazione.
Più difficile giocare o allenare? E c’è un tecnico che ti piace particolarmente?
Sicuramente è molto più difficile allenare, non c’è paragone. Ho molti mister preferiti ma non farò un nome per non fare un torto a nessuno.
Quando hai deciso di smettere? Cosa hai pensato in quel momento?
In realtà era un po’ che ci pensavo, perché avevo capito che il mio fisico non teneva più e che la mia mente era sfinita.Ho deciso 10 giorni fa dopo l’ultimo parere medico che mi ha dato la conferma definitiva.Ero preparato, ma metabolizzare e prendere atto non è stato facile affatto.Ora devo voltare pagina e concentrare la mia forza e le mie energie in altro. È l’unica alternativa che ho.
Cosa dici ai tifosi?
Grazie. A loro e alle persone che mi hanno amato, sostenuto, incoraggiato e supportato in questi anni. Vi porto tutti nel cuore. Ho sentito la vostra vicinanza e il vostro affetto in ogni momento. Ho amato, sudato e onorato tutte le maglie che ho indossato. Ho dato tutto me stesso, sempre. In particolar modo un saluto alla gente di Fabrica e di Orte. Grazie a tutti, è stato un viaggio meraviglioso!




